Sicurezza alimentare ai tempi del Coronavirus

Sicurezza alimentare
ai tempi del Coronavirus

Nell’aprile 2019 l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha commissionato un’indagine finalizzata ad approfondire l’interesse generale dei cittadini nei confronti della sicurezza alimentare, oltre alla consapevolezza e alla percezione dei rischi connessi (Eurobarometer Wave EB91.3). I risultati sono stati presentati a giugno dello stesso anno nel corso della prima Giornata mondiale della sicurezza alimentare organizzata dalle Nazioni Unite. Tra i tanti dati interessanti, quello che sembra emergere è che i consumatori europei sono abbastanza attenti ai temi della sicurezza alimentare, tengono alla qualità dei prodotti e, per dirla con le parole di Bernhard Url direttore esecutivo dell’EFSA, «non si preoccupano troppo dei cibi che hanno nel piatto». Un orizzonte incoraggiante che rende bene la misura della situazione europea, possibile – sempre secondo Url – «grazie ai progressi della scienza e della tecnologia, che hanno contribuito a migliorare gli standard alimentari e le pratiche igieniche». Ovviamente ci sono alcune cose che preoccupano ancora, come l’uso improprio di antibiotici, ormoni e steroidi o l’eccessiva presenza di residui di pesticidi o di additivi; tuttavia la crescente consapevolezza di vivere in un sistema tutelato da strumenti normativi e attività di controllo, tranquillizza i consumatori i quali, come emerge dall’indagine, pongono fiducia nelle istituzioni, negli scienziati, nelle organizzazioni dei consumatori e nei produttori. Il quadro che emerge dall’indagine, nell’evidenziare che la sicurezza alimentare è un “dato di fatto” e rappresenta un valore aggiunto impalpabile ma consolidato in UE, rimanda tuttavia a nuove sfide che devono essere raccolte per non vanificare l’importante risultato raggiunto. Due in particolare. La prima è rivolta alla governance europea le cui politiche devono mantenere viva l’attenzione e l’informazione sulla sicurezza alimentare che, rappresentando un valore intrinseco della qualità degli alimenti, necessita di costanti stimoli, di dialogo con i consumatori e di responsabile coinvolgimento di tutti: cittadini, istituzioni, produttori, controllori, commercianti, etc. La seconda sfida, più sottile ma più comprensibile in questo momento storico in cui un microrganismo ha sconvolto le nostre esistenze cogliendo tutti impreparati, consiste nell’evitare il rischio che ciò che è oramai acquisito ed atteso dal consumatore, divenga per questo “scontato”, perdendo di forza e di attenzione. Lo spunto per tale sfida nasce dal constatare che, secondo l’indagine, circa un consumatore europeo su quattro considera appunto “scontato” che l’alimento posto in vendita sia sicuro. E questo è un bene ma allo stesso tempo anche un rischio insidioso e reale. In un mondo in cui le applicazioni sono smart, le prestazioni customer oriented e i processi friendly, siamo sempre più abituati a dare per assodato il valore aggiunto e gli attributi che orbitano intorno ai prodotti di cui usufruiamo, semplicemente perché “ce lo aspettiamo”. Tendiamo a ridurre la soglia di attenzione ignorando la possibilità che il valore aggiunto “presunto” non sia poi realmente presente. Questa sfida interpella noi cittadini e attori della filiera agroalimentare chiedendo di consolidare l’idea che la sicurezza alimentare parta dal campo e finisca sulla tavola e, per questo, sia una responsabilità non differibile e condivisa. È una sfida importante che contribuirà a definire il consumatore del prossimo futuro: un consumatore informato e coinvolto sul tema, attento ma mai preoccupato per ciò che mangia, serenamente consapevole di non dover dare per “scontati” i valori intrinseci di qualità e igiene che legittimamente si attende, fiducioso in chi opera per garantire la sicurezza degli alimenti.

(Editoriale di Luca Tommasi (Operation manager Bonassisa Lab, BLab Magazine | Numero 1 | Maggio 2020)