Intervista con chef Cesare Battisti
L’AMBASCIATORE DELLA CUCINA BUONA, SANA E CONSAPEVOLE
Cesare Battisti è tra gli chef italiani più popolari al mondo. È Ambasciatore della cucina italiana nel mondo, e lo è stato – con grande successo nonostante la sua nota sobrietà – anche durante l’Expo 2015 di Milano. Milanese da molte generazioni, dopo aver trascorso anni in giro per l’Europa torna a casa dove ha lavorato per importanti ristoranti di tradizione meneghina. Nel settembre 2009 dà vita al Ratanà che oggi gestisce insieme alla compagna di vita e sommelier Federica Fabi, un ristorante all’interno della Fondazione Riccardo Catella. Il suo impegno lo ha portato il 15 marzo 2016 a essere presente alla firma del “Protocollo di collaborazione per la valorizzazione della cucina italiana di qualità all’estero”, un primo piano di azioni concrete scaturite dal Food Act. Dall’ottobre 2016, Cesare Battisti è membro del consiglio direttivo e segretario generale degli Ambasciatori del Gusto, associazione senza scopo di lucro presentata al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nata con lo scopo di rappresentare e valorizzare in tutto il mondo l’identità enogastronomica italiana. Perché Blab magazine ha scelto proprio lui? Perché Cesare Battisti ha fatto della sicurezza alimentare, della cucina sostenibile e dell’attenzione alle materie prime una specie di crociata personale. Per cui, non solo noi di Blab magazine, gli siamo grati.
Quanto è importante, per uno chef della sua popolarità e del suo talento, la sicurezza alimentare?
La sicurezza alimentare è alla base del lavoro. Una cucina responsabile è prima di tutto attenta alla salute, e quindi all’utilizzo di ingredienti di ottima qualità, prodotti in maniera etica e lavorati con coscienza.
Se ne parla abbastanza, secondo lei? Non le sembra che il livello di “consapevolezza” sia piuttosto basico, in alcuni casi affidato alle trasmissioni televisive che stanno (a nostro avviso) umiliando l’arte alla base della cucina?
C’è molto allarmismo, a volte ingiustificato, e spesso i media contribuiscono a confondere le idee perché il tema alimentare è più complesso di quanto si pensi. Le trasmissioni di cucina sono concepite per fare intrattenimento, sono spesso lontane dal trattare temi sulla sicurezza alimentare, proprio per la natura dei programmi. Ci sono poi trasmissioni specifiche su canali dedicati ma sono poche e non fanno rumore. Non si deve però commettere l’errore di demandare la formazione e la completa informazione ai media o alla tv. La formazione si fa con la cultura, parte dalla scuola, dallo Stato e gli strumenti che mette a disposizione, l’informazione si ottiene verificando attraverso più fonti, in questo caso anche scientifiche e istituzionali
Lei è uno degli ambasciatori italiani nel mondo della cosiddetta “cucina responsabile”. Non crede che la sua personale sensibilità sia ancora piuttosto isolata tra i suoi colleghi, insomma che non se ne parli ancora adeguatamente?
Io sono Ambasciatore italiano nel mondo della cucina di qualità e ho la fortuna di confrontarmi con colleghi cuochi che hanno a cuore la salute del pianeta e delle persone, considerando l’enogastronomia italiana una grande risorsa che va protetta e rispettata. In Italia e all’estero ci sono realtà, come la mia, totalmente improntate su una cucina responsabile. Fino a ieri eravamo in pochi, oggi invece i valori della sostenibilità sono sempre più diffusi. Spero in un futuro migliore.
A che punto è l’interazione tra aziende enogastronomiche e talento degli chef? La collaborazione in alcuni casi sembra decollare e produrre cose straordinarie, in altri si avverte invece una resistenza da parte di entrambi. Lei che ne pensa?
Un numero sempre maggiore di aziende del comparto oggi dedicano una particolare attenzione a temi quali la qualità, l’etica, la responsabilità. La collaborazione concreta con associazioni come gli Ambasciatori Italiani del Gusto, offre l’opportunità di poter lavorare al fianco di cuochi talentuosi con cui creare buon pratiche ed una rete virtuosa. È importante il dialogo e l’ascolto per trovare soluzioni che rispondano alle esigenze della comunità senza mettere in secondo piano il rispetto del territorio e delle materie prime. Quello che serve è l’incontro di valori.
Se dovesse, anche solo per gioco, posizionare la cucina italiana nel mondo, quale posto della sua graduatoria occuperebbe? Siamo ancora i primi al mondo, oppure qualcosa è cambiato?
Bisognerebbe chiarire a che graduatoria si fa riferimento. Sicuramente come biodiversità e qualità dei prodotti siamo leader. I nostri prodotti sono tra i più copiati – vedi il fenomeno dell’Italian Sounding – e questo dice molto sulla nostra reputazione all’estero. Alcuni piatti della nostra tradizione sono presenti ovunque, spesso secondo versioni adattate a seconda del contesto e per noi discutibili, ma questo è un segnale di quanto la nostra cucina sia tra le più amate. L’Italia vanta ristoratori e cuochi eccellenti e di grande sensibilità, non parlo solo dei grandi nomi che ci danno lustro a livello internazionale ma soprattutto di quelli meno noti che conducono la propria attività con rispetto e professionalità, dando il 100%. Non dobbiamo però crogiolarci nel mito che la cucina italiana sia la migliore al mondo, perché così non è. Altri Paesi si danno da fare più di noi valorizzando le materie prime di cui dispongono e proponendo nuove tecniche di cucina. Basti pensare alla Danimarca e alla Spagna.
Tornando alla sicurezza alimentare, non le pare che gli allievi delle accademie e delle scuole italiane ed estere – ma anche gli studenti dei corsi di laurea delle varie università, pubbliche e private – siano del tutto all’oscuro della materia, e quindi dei rischi di somministrare materie e alimenti potenzialmente a rischio?
No, assolutamente. L’igiene alimentare e la merceologia (scienza e studio della conservazione degli alimenti), sono materie importanti nella scuola alberghiera. Anche per questo l’associazione Ambasciatori del Gusto che ha a cuore la formazione, attraverso il progetto “Fare formazione” gratuitamente interagisce con la rete delle scuole Alberghiere attivando un ciclo di lezioni dedicate agli studenti e ai docenti, con l’obiettivo di condividere la nostra esperienza per una formazione sempre più completa. Ulteriore ed importante novità è l’intesa con la LUM (Libera Università Mediterranea di Bari) che sta dando vita al primo corso di Laurea per Cuoco Imprenditore.
Si fa abbastanza per pro – teggere il Made in Italy? Se fosse ministro, che farebbe?
Da diversi anni l’Italia lavora sul tema dell’Italian Sounding e la protezione del Made in Italy. Bisogna però essere coscienti che il nostro è un Paese molto piccolo e non abbiamo le potenzialità per avere un export che soddisfi le richieste da tutto il mondo. La necessità dell’associazione Ambasciatori del Gusto, di cui sono segretario generale dalla nascita, è stata sollecitata anche dal Governo che nel solco di Expo2015 aveva ben compreso il valore di un lavoro di squadra, non solo per valorizzare la nostra identità enogastronomica ma anche per contrastare il fenomeno della contraffazione a discapito della nostra economia e cultura gastronomica. Noi ambasciatori lavoriamo a questo da sempre, in giro per il mondo con l’obiettivo di diffondere la cucina italiana di qualità nel mondo, difendere il nostro patrimonio enogastronomico e promuovere il turismo ad esso collegato. Abbiamo un’identità forte e abbiamo imparato a raccontarla. Certamente occorrono però leggi che proteggano e tutelino sempre più la biodiversità, la qualità dei nostri prodotti e l’artigianalità che sta scomparendo. Per proteggere il Made in Italy serve partire da casa nostra, ad esempio acquistando prodotti nazionali di qualità.
Estratto da Blab Magazine, numero 0.
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