Portiamo in tavola un mondo migliore

Carlo Petrini per BLab Magazine
Che ne sarà di noi, la riflessione del fondatore di Slow Food affidata al nostro magazine


«Ho capito che eravamo finiti in un bel guaio man mano, come tutti gli italiani. Quando ho visto che il sistema sanitario non reggeva ho capito che la situazione era davvero seria, e che bisognava seguire le indicazioni dell’autorità. Per la prima volta mi sono sentito anziano. L’anno scorso ho compiuto 70 anni, ma continuo a fare la solita vita. Quando hanno detto che sopra i 70 anni bisognava stare chiusi in casa, mi sono detto “sta parlando anche a me”.
Pensare al mondo che verrà? Voi siete un giornale, avete bisogno di leggere e scrivere continuamente del futuro. E io dirigo un’università del gusto, cioè un serbatoio di speranza e delicatezza. Ma dobbiamo saperlo leggere, questo benedetto futuro. Ci sarà un ridimensionamento delle politiche liberiste, io credo. Confido in una nuova economia da non misurare necessariamente attraverso il PIL. Che senso avrebbe ricostruire tutto come prima? Ad esempio, visto che vi occupate di sicurezza alimentare, non si può più pensare che il cibo lo produca uno solo per tutti, abbiamo rubato spazio alla campagna, bisognerà riprenderselo per mettere in moto un’economia primaria al servizio delle comunità locali. Bisogna fare uno sforzo di fantasia, penso a una versione moderna delle botteghe, gestite da giovani, con accesso a internet e tutta una serie di servizi, dove magari si può anche ritirare la pensione. Ci vogliono nuove idee, a salvarci sarà la diversità. L’uomo è per sua natura sociale. L’e-commerce ne uscirà rafforzato. Io penso che questo discorso di far rifiorire le comunità andrà di pari passo con lo sviluppo dell’online, perché nella comunità c’è la sicurezza affettiva che su internet non si trova. Se mangeremo meglio o peggio di prima? Credo meglio, voglio sperare con più consapevolezza. Perché abbiamo imparato una lezione, almeno una grande lezione. La Cina sta bandendo gli alimenti derivanti da mancata macellazione, venduti nei mercati in cui gli animali sono esposti a qualsiasi agente batterico e atmosferico. A me i Cinesi stanno davvero simpatici, per forza, determinazione e per grande coraggio, ma sull’alimentazione credo abbiano perso del tutto il contatto con la realtà. E quindi il contatto con i rischi da condotte sanitarie al limite della follia. Il fatto che siano quasi un miliardo e mezzo li costringe a procacciarsi da mangiare con metodi e procedure che, normalmente, in occidente sarebbero ritenute quanto meno scandalose, se non illegali. Se si ammalano loro, si ammala il mondo. Se si infettano loro, si infetta il mondo. Se crolla la loro economia, crolliamo anche noi. Vi pare un mondo sostenibile, quello in cui tutto dipende dallo stato di salute di una maggioranza economica? ».

(Focus della Redazione di BLab Magazine, BLab Magazine | Numero 1 | Maggio 2020)